La lunga marcia
La disperazione che alberga in tante parti del mondo è una bomba a orologeria che il terrorismo usa togliendo la parola e la speranza agli oppressi. Ma alla barbarie bisogna rispondere con una scelta di civiltà capace di arrestare questa tremenda ondata di violenza. Non con la guerra RAFFAELLA BOLINI - TOM BENETTOLLO


Questi giorni sono segnati da una crescente drammaticità. Certo, è molto arduo prevedere il corso degli avvenimenti, e tuttavia crediamo che si imponga uno sforzo di riflessione per costruire un nuovo impegno di pace. Innanzitutto ribadiamo la condanna rivolta agli atti terroristici dell'11 Settembre e altresì la solidarietà ai cittadini degli Stati Uniti e alle loro istituzioni. Siamo convinti che il terrorismo è un crimine contro l'umanità, colpisce al cuore la sicurezza e i diritti di tutti, strangola la politica, la partecipazione, la libertà. Nell'attuale contesto, questo atto colpisce altresì la spinta dei movimenti impegnati a dare alla globalizzazione uno sbocco di dignità, di pace e di giustizia. E' un attacco a questi valori, e anche al carattere aperto, civile, creativo e trasgressivo di questo movimento. In questi giorni vengono messi in gioco vecchi e nuovi equilibri internazionali. Essi non possono essere dominati dalla guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Una nuova e tremenda ondata di morte, terrore, insicurezza, si è abbattuta sul pianeta. La sofferenza del popolo degli Stati Uniti si è andata ad aggiungere al rosario delle sofferenze e delle ingiustizie patite in tanta parte del pianeta. Un mondo che produce mostri e morte è su una strada di devastazione. Per questo insistiamo: un mondo diverso è possibile. E' necessario. La tragedia degli Stati Uniti può produrre ulteriori degenerazioni o può essere la drammatica occasione perché la comunità internazionale imbocchi decisamente un'altra strada. Da una crisi di civiltà può nascere una svolta di civilizzazione. Tutti, e in particolare chi detiene i massimi poteri, hanno oggi una grande responsabilità. Per questo continuiamo a dire: no alla guerra. Alla barbarie si deve rispondere con scelte nette di civiltà. La lotta contro il terrorismo è contemplata come parte integrante della legalità internazionale. E' giusto e necessario sostenere la lotta al terrorismo anche con azioni di polizia internazionale. In questa lotta è componente fondamentale l'iniziativa politica e sociale per la democratizzazione, per i diritti umani, per la risoluzione dei conflitti, per la redistribuzione della ricchezza, per la giustizia sociale. La disperazione che alberga in tante parti del mondo è una bomba a orologeria, che il terrorismo usa - e di cui abusa - togliendo la parola, la speranza, lo sforzo agli oppressi e a chi vuole la liberazione. Rappresentando l'ampio dibattito che percorre l'Arci, sul tema molto controverso dell'u
so della forza, proponiamo queste considerazioni:

* lo stretto rapporto con l'Onu e l'osservanza di procedure internazionalmente riconosciute a cominciare dal dovere di provare le accuse. Il Governo italiano ha il dovere di chiederlo. Chiediamo l'attivazione e il pieno coinvolgimento della Corte Penale e Internazionale. E' necessario avere la massima cura perché non si giunga a una "guerra tra civiltà". L'ambizione di farsi giustizia da sé porta su una strada sbagliata. All'Onu va data la forza e l'autonomia per assumere responsabilità nell'iniziativa.
* L'impiego mirato a colpire unicamente i responsabili degli atti di terrorismo in questione, con tutte le garanzie per la salvaguardia dei civili si deve collegare a una decisa azione contro l'intolleranza nel nostro Paese anche applicando severamente la Legge Mancino.
* La garanzia che non saranno usate armi di distruzione di massa, nucleari, chimiche batteriologice, al neutrone o altre che possano avere effetti indiscriminati o devastanti verso gli esseri viventi e l'ambiente naturale.
* La predisposizione di un vasto programma di aiuto umanitario ai profughi, di sostegno a chi è oppresso, per l'affermazione dei diritti umani, e del diritto all'asilo, senza discriminazioni.
* L'attivazione di un programma internazionale che mostri chiaramente l'intento di sradicare il terrorismo senza unilateralismi, nonché l'impegno a colpire le sue relazioni con l'economia "legale" e illegale, con il potere politico, senza doppiezze. E' necessario avere la consapevolezza che molti errori sono stati colpevolmente fatti nel passato anche recente e oggi ancora: molti governi democratici hanno sostenuto Stati che hanno basato il loro potere su dittature e forze che hanno agito in modo anche abominevole. Questo è avvenuto mentre debole, contraddittorio, se non assente, è stato il sostegno ai movimenti e alle forze democratiche e alla società civile di quegli stessi paesi in cui i diritti civili e democratici erano e sono spesso calpestati da regimi "alleati" o amici di molte democrazie occidentali. Spesso, anzi, sono stati abbandonati cinicamente.
* L'uso della forza deve avere incontrovertibile legittimità ed essere una componente di un disegno con obiettivi chiari e definiti. Per questo guardiamo con profonda preoccupazione a ciò che ci profila una risposta unilaterale, essenzialmente militare, di cui sono incerti i confini, e con una delega in bianco agli Usa. C'è il rischio di una escalation di conflittualità, di lacerazioni politiche e sociali in diversi paesi, di ulteriori strappi al diritto internazionale.

Vogliamo vivere liberi e sicuri, per costruire nuovi percorsi di liberazione individuale e collettiva, di giustizia e di diritti. Ci sono luoghi-chiave per questa svolta di civiltà: uno di questi è certamente il Medio Oriente, su cui siamo chiamati a un salto di qualità nella solidarietà per una giusta pace. In questi giorni, il nostro impegno è volto a rompere il clima di paura che si è creato. L'occasione più grande e importante per dare voce ai cittadini è la Marcia Perugia-Assisi del 14 Ottobre (il programma è disponibile sul sito dell'Arci: www.arci.it). Apriamo la strada alla vera alternativa: un mondo nonviolento. E superiamo l'impotenza di fronte alla catastrofe umanitaria in corso. Impegniamoci nella solidarietà: in un mondo "balcanizzato", riprendiamo con rigore e coraggio quello che abbiamo saputo fare nei Balcani. Stando dalla parte degli ultimi. Per questo proponiamo una forte campagna di solidarietà: Tavola della Pace, Gsf, Ics, Forum del 3 Settore e sindacati ne siano i primi protagonisti.

(Responsabile Politiche e Attività Internazionali e Presidente Nazionale Arci)

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/29-Settembre-2001/art25.htm

da "il Manifesto" del 29 settembre 2001