La speranza si è ritrovata a Firenze
di Michele DI SCHIENA

La speranza si è ritrovata in questi giorni a Firenze e si è sentita a casa propria in una città aperta all'incontro ed al dialogo, una città che con la cultura, l'arte, l'impegno civile e la passione politica ha sempre messo al centro delle sue tensioni e delle sue attenzioni i valori umani, i problemi del mondo, i drammi sociali e le domande di liberazione. Ignorando rozze provocazioni e smentendo sciagurate profezie, la speranza ha preso corpo a Firenze nelle puntuali denunce, nelle incalzanti argomentazioni e nelle concrete proposte di migliaia di giovani e meno giovani provenienti da tutta Europa che hanno vinto il pregiudizio, l'intolleranza, l'odio, il servilismo, la rassegnazione. E così il Social Forum Europeo ha avuto successo oltre ogni più rosea previsione, si è imposto all'attenzione generale ed ha indicato le vie di una "lotta alla globalizzazione dall'alto mediante la globalizzazione dal basso".
Li chiamano impropriamente "no global", li dipingono nei modi negativi più diversi e contraddittori, ne vogliono fare sempre un problema di ordine pubblico per non confrontarsi con le loro ragioni e le loro argomentazioni, cercano spregiudicatamente di capovolgere le questioni che essi pongono, misurano le cose che dicono e le cose che fanno col metro di una politica che ha divorato se stessa per trasformarsi in riti di potere e atti di arbitrio, li blandiscono con l'intento di assorbirli o li demonizzano per cercare di isolarli. Sono disorientati perché questo strano "popolo" che si oppone al liberismo ed alla guerra non è vincibile con le tradizionali armi della forza e del ricatto dal momento che non ha stabili strutture organizzative che si possono disarticolare né "capi" o gruppi dirigenti che si possano intimidire o comprare.
Il fatto è che i santuari del liberismo ed i loro grandi e piccoli sacerdoti temono quel "movimento dei movimenti" che sta dando ragione al cantautore Guccini il quale qualche anno addietro con una canzone su Che Guevara cercava così di scuotere le coscienze dei padroni del mondo: "ma voi reazionari tremate . da qualche parte un giorno, dove non si saprà, da qualche parte un giorno il Che ritornerà". Ed il "Che" è ritornato ma non è il capo di una rivolta, non fa la guerriglia e non vuole conquistare il potere per cambiare dall'oggi al domani il mondo. Il "Che" ha lo stesso cuore di quarant'anni fa, lo stesso disinteresse per il potere, la stessa voglia di debellare sfruttamenti ed oppressioni. Ma ha fatto esperienza e sa che i tempi sono cambiati e perciò egli stesso si è rinnovato ed ha mutato sembianze. Oggi è un soggetto collettivo ovunque presente ed ovunque in crescita che analizza, argomenta, disvela ingiustizie e disuguaglianze planetarie, fa appello alla coscienza dell'opinione pubblica mondiale, propone e testimonia logiche e comportamenti alternativi a quelli della cultura dominante. E' un "popolo" disarmato che si ribella ed opera con strumenti di intervento non-violenti.

Si fa finta di non capire che oggetto della contestazione del "movimento" non è la globalizzazione in sé ma "questa" globalizzazione a causa della quale - giova ripeterlo ai sordi ed ai distratti - il 20% dell'umanità consuma l'80 % delle risorse mondiali e viceversa; cresce il divario tra i paesi ricchi ed i paesi poveri e crescono anche gli squilibri all'interno dei Paesi industrializzati; il Sud del mondo versa ogni anno al Nord duecento miliardi di dollari per debiti mentre si riduce il flusso dei capitali privati verso i paesi poveri. Ed ancora: un quinto della popolazione mondiale è costretto a vivere con meno di un dollaro al giorno mentre Bill Gates ed altri tre miliardari americani possiedono una ricchezza pari al PIL di 42 paesi poveri con seicento milioni di abitanti; milioni di contadini rischiano di morire di fame per progetti mondiali di industrializzazione selvaggia dell'agricoltura; l'imperante modello di sviluppo in ogni parte del pianeta violenta la natura e devasta l'ambiente. Ciò che si denuncia è insomma quel liberismo che bandisce la solidarietà, abbatte le protezioni per i più deboli, assolutizza il mercato, rende servile il lavoro e mercifica la vita. Quel "pensiero unico" che, facendosi "potere unico", costruisce l'economia a misura delle multinazionali col flusso spregiudicato dei capitali, le tattiche regolazioni dei tassi e le strumentali oscillazioni di borsa; che sostiene le dittature amiche e tenta di svuotare in Occidente le democrazie partecipative; che alimenta il terrorismo invece di combatterlo seriamente rimuovendone soprattutto le cause; che pratica la guerra "infinita" e "preventiva" per piegare ogni autonomia e vincere ogni resistenza.

E sì, il "movimento" preoccupa per la ricchezza del suo pluralismo culturale ed organizzativo, perché mette in primo piano l'interesse generale dell'umanità non annullando gli interessi locali ma tenendoli insieme e valorizzandoli in un'armonica e superiore sintesi e perché è la prima esperienza politica di massa che non si pone il problema del potere e della sua conquista ma ne vuole capovolgere le logiche e mutare i meccanismi. E' un movimento che non si propone "rivoluzioni" ma "cammini" di radicale cambiamento fatti di denunce, di lotte, di proposte e di fattive sperimentazioni; un movimento che persegue obiettivi graduali e concreti, che sta creando crescenti problemi alle politiche dominanti e che sta già ottenendo significativi risultati. Ma il Forum europeo di Firenze ha detto in questi giorni anche un'altra cosa: che la rifondazione della speranza può avere una forte base ed un importante punto di riferimento nel vecchio Continente dove il discorso dei diritti per tutti e della pace come scelta di civiltà affonda le sue radici nella cultura democratica del movimento operaio e del solidarismo cristiano. Brindisi, 9 novembre 2002

Grande corteo per la pace
Firenze partecipa alla festa

Successo della manifestazione contro la guerra: "Siamo un milione". La questura: "Oltre 400 mila". Giornata senza incidenti e la città applaude "gli invasori" di A. DI NICOLA
La piazza incorona Cofferati e Strada  La polizia controlla, ma non si vede  LE FOTO: il corteo, i colori, i volti

Firenze, un milione di giovani in pace
da Unita.it di Piero Sansonetti

 Siamo tutti fiorentini, no? Ieri è stato così: tutti fiorentini, tutti pacifisti, tutti innamorati di questa città, che è la più gentile d'Italia. Forse la più bella, la più colta, la più illustre. La città del sindaco La Pira, di Ernesto Balducci, dei ragazzi del '66 che la tirarono fuori dal fango dell'alluvione. Firenze è la città che ci ha insegnato a parlare la nostra lingua, a leggere, a guardare l'arte, ed è la capitale della pace. Ieri lo è stata come mai lo era stata prima: un corteo gigantesco, di un milione abbondante di persone - di cittadini europei - ha sfilato lungo sette chilometri per circa otto ore, ha attraversato Firenze, l'ha intasata nei suo viali, nelle stradine, nei vicoli, nelle piazze, l'ha riempita fino all'inverosimile, le ha consegnato il suo messaggio che più o meno è questo: noi siamo contro la guerra, noi crediamo di rappresentare la maggioranza degli italiani, noi vogliamo che non ci sia l'aggressione di Bush all'Iran - perché è una follia, è un atto illegale e terroristico - e in ogni caso non vogliamo che l'Italia partecipi ad una simile avventura. 

Questo messaggio è stato gridato in una decina di lingue, soprattutto in italiano, in francese, in inglese e in greco (ma anche in arabo e anche in israeliano). E i fiorentini, che sono gente sveglia, lo hanno capito e hanno risposto alla grande. Nel quartiere Campo di Marte, che è un quartiere popolare ed è il quartiere dove la manifestazione si è conclusa, c'erano centinaia di persone alle finestre: battevano le mani, sventolavano le lenzuola bianche, tiravano i coriandoli e offrivano acqua e frutta. Per la verità gettavano anche giornali fatti a pezzettini: chissà se solo per fare allegria o anche per esprimere una certa irritazione verso chi ha tentato in tutti i modi - con campagne di stampa - di impedire questa manifestazione o di trasformarla in guerriglia.

Di guerriglia non c'è stato neanche un accenno. Clima tranquillissimo, sereno, persino allegro. Che tristezza pensare a quegli articoli così rabbiosi, pieni di invidia, come quelli della Fallaci, e di altri che continuano a considerare questi giovani e questi manifestanti solo uno spauracchio per la propria tranquillità e una minaccia ai propri privilegi. Non li vogliono ascoltare, non riescono proprio a capire cosa dicono, cosa pensano, che idea di società hanno in mente.

Quella di ieri a Firenze è stata una delle più grandi e belle manifestazioni mai viste. E' stata molto faticosa, perché quando un milione o un milione e mezzo di persone invadono una città tre volte più piccola, è difficile che non si creino disagi. Il corteo doveva partire alle tre del pomeriggio dalla Fortezza da Basso, cioè dalla sede del forum europeo, che stava concludendo i suoi lavori. Però i pullman e i treni hanno iniziato ad arrivare molto prima. Già alle nove del mattino la città era completamente invasa dai no-global, e anche i più scettici cominciavano ad accorgersi che i no-global non sono gente che morde: parla, pensa, discute - saluta educatamente, persino - al massimo grida o canta...

Alle 11 la situazione è diventata insostenibile, perché c'erano due o trecentomila persone che si trovavano nelle strade e nelle piazze vicine alla fortezza, così si è deciso di far saltare i programmi e di far partire il corteo. Intanto continuava ad arrivare gente, dall'Italia, dall'Europa, moltissimi anche da Firenze e dalla Toscana. La stragrande maggioranza erano giovani, ma c'erano anche molti cinquantenni.In testa al corteo si sono messi i leader del movimento, Agnoletto, Bernocchi, Raffaella Bolini, Franco Russo e un'altra cinquantina di persone. Mancava Casarini che era rimasto indietro, alla testa del troncone dei disobbedienti. E poi mancavano tutti i personaggi politici, sparsi nei chilometri di strada: Bertinotti, Cofferati, i sindacalisti della Cgil, quasi tutti i dirigenti della sinistra Ds e dei Verdi, ma anche una delegazione ufficiale dei Ds (c'era Cuperlo, c'erano Chiti e Marina Sereni). Alle tre e mezza del pomeriggio, trenta minuti dopo l'ora fissata per la partenza, il corteo già era arrivato alla meta, allo stadio. Siamo più precisi: la testa del corteo. E la coda? Era ferma immobile alla Fortezza e nelle piazze le vicine. Tutti in piedi, pigiati, immobili. Compreso il sindaco di Firenze, Domenici, e il presidente della Regione Martini, che - almeno tra gli uomini politici - sono gli "eroi" di questo Forum: perché l'hanno voluto e l'hanno difeso dagli attacchi di molti giornali, del "Corriere della Sera" e di un bel pezzo del governo, Berlusconi in testa. Meritano un applauso Martini e Domenici, e sicuramente lo merita anche il prefetto Serra, bravissimo nel gestire la polizia. Il corteo non ha mai visto la polizia e ha dimostrato di saperne fare a meno. Il blocco nero? Chissà dov'era. C'era un pezzetto del corteo molto nero: bandiere, maglioni, pantaloni, scarpe e fazzoletto. Gli anarchici. Però erano tranquillissimi. Non facevano paura.

Cosa sarebbe successo a Genova, un anno e mezzo fa, se invece di mandare nelle sale operative i dirigenti di An, avessero affidato tutto a un tipo come il prefetto Serra? E diciamo pure: cosa sarebbe successo se il ministro dell'interno, invece di quel disastro di Scajola fosse stato un vecchio marpione, abile, come Pisanu? Chiunque sa rispondere a queste domande. La coda del corteo alla fine è partita, ma erano le cinque del pomeriggio. E' arrivata dopo le sette.

L'ultima giornata del Forum era iniziata come tutte le altre: dentro la Fortezza, a discutere, dalle 9 di mattina. Ancora cinque assemblee plenarie, ciascuna un paio di mila persone, e decine di seminari. L'assemblea più bella, che è stata un momento decisivo di questa giornata, è stata quella con Pietro Ingrao. Il vecchio dirigente del Pci che di tutti i temi del pacifismo e dei no-global è un precursore. Parla di queste cose da almeno trent'anni. Quando si è alzato e ha preso il microfono, verso le 11 del mattino, la sala straboccava, non si poteva entrare. C'erano tremila persone. E da fuori arrivavano le grida ritmate del corteo. C'è stato un applauso che è durato due minuti. Tutti in piedi. Ingrao ha fatto un discorso che ha emozionato la sala. Come fa sempre lui, da quando era giovane. Però non si è lasciato andare alla retorica, è stato molto concreto, forse persino un po' critico. Ha detto: ragazzi, non bastano i cortei, non basta la vostra meravigliosa passione per battere le guerre. Serve la politica per vincere. La politica che incide nel potere. Come facciamo per fare diventare la vostra speranza "potere politico"? Questo è il problema che voi avete davanti. Un corteo bello e ardente non è ancora potere politico. Quali sono le nostre armi? «Sono in quel libretto che i vostri padri chiamarono Costituzione». Ingrao ha detto che la forza del pacifismo è la legalità, che è in contrasto con l'illegalità di chi fa la guerra. Dei governi, degli Stati. Ha detto che il pacifismo deve portare i suoi argomenti e la sua forza non solo nelle piazze, ma «negli Stati e nei luoghi del potere».
Un obiettivo ambiziosissimo: costruire un potere di pace. «Non c'è mai riuscito nessuno finora: il potere è sempre stato armato, è sempre stato di guerra», ha detto Ingrao. Poi si è rivolto ai giovani: «Noi abbiamo perso: imparate da noi, dalle nostre sconfitte. Voi potete farcela. Auguri per il vostro viaggio».

«Ora qualcuno chieda scusa a Firenze» di Osvaldo Sabato 
C'è già chi riparte senza neanche aver visto da lontano lo stadio
La corrispondenza di Antonella Marrone Ascolta la cronaca della giornata aggiornamento per aggiornamento Un milione in piazza: il più lungo «serpente» per la pace di Davide Sfragano Le bandiere, i volti, le canzoni di una notte in treno di Valentina Petrini Vai allo speciale Forum Europeo Una marcia per la pace da un milione di persone di Va. Pe. Le piazze, i volti, i colori di Firenze. Una giornata in immagini

Lo speciale Carta  Forum Europeo  Le immagini di Carta  Forum Europeo

 

I temi femminili al Forum Sociale Europeo
© Marcia delle donne "Senza il contributo fondante delle donne, un altro mondo non sarà mai possibile". È quanto si legge nella Carta dei principi del Forum sociale europeo. A Firenze è perciò presente un percorso di tematiche femminile che si giova specialmente dell'apporto del movimento mondiale "Marcia delle donne". Tra le conferenze plenarie da segnalare: "Donne-uomini: conflitto necessario per un futuro comune". Oltre alle tematiche legate ai diritti riproduttivi affrontate nel seminario " Il corpo delle donne, attacco integralista all'autodeterminazione" ci si interrogherà sul rapporto tra la guerra e la condizione delle donne. La "Convenzione permanente delle donne contro le guerre" associazione italiana nata durante l'intervento militare della Nato contro la Repubblica Federale di Jugoslavia, che ha come portavoce Lidia Menapace, propone infatti il tema "Per un'Europa disarmata e neurtrale contro la guerra". "Dal nostro seminario - sostiene Menapace - partirà una concreta proposta politica: far diventare l'Europa un continente attivamente neutrale, impegnato per la salvaguardia dei diritti umani e la riforma delle Nazioni Unite". (...continua nel DOSSIER VERSO l'FSE) [06.11.2002] » Fonte: © Redattore Sociale, Femmis, FSE, Server Donne Associazione Orlando; » Info organizzative: © Per prenotare degli spazi espositivi, Iscrizioni individuali, Registrazione di organizzazioni,Comunicare chi viene a Firenze, Le avventure del Dott. Porto Alegre II; » Treni per Firenze: da Roma, da Milano con i Disobbedienti e da Bologna, i numeri dei riferimenti regionali;

Ultime dall'organizzazione:
 5 NOV UN LIBRO PER CAPIRE IL FORUM SOCIALE EUROPEO
 5 NOV SEMINARIO SUL DIRITTO ALLA SALUTE
 5 NOV AZIONE NONVIOLENTA: AMIAMO FIRENZE, PERCHE'...
 5 NOV LEGAMBIENTE: CHI HA VOGLIA DI RAGIONARE DI CONTENUTI?