E la chiamano "illegalità"

[da Carta.org di Anna Pizzo]

Chi ha tradizioni di non violenza ma anche chi più di recente ne ha fatto una pratica costituente della sua azione politica e sociale, continua a ripetere che sedersi sulle rotaie cercando di bloccare i convogli che trasportano armi di distruzione di massa è un gesto di responsabilità e la forma in cui si esprime l'urgenza di declinare diversamente la legalità. E che, comunque, la più devastante illegalità che esista è quella di scatenare una guerra. Invece, nelle sedi dei partiti politici [inopinatamente anche in quelli dell'opposizione] e negli scranni del parlamento, ferve un dibattito tanto vuoto quanto pretestuoso che cerca di misurare con il centimetro quanto e come è possibile aggirarsi sulle rotaie.

Poi arrivano i "Ballarò" che, per via di quella malattia senile della politica che si chiama "par condicio" chiamano fasciste e bertinotti, stranamore cattivi e insipienti giornaliste e li caricano sullo stesso carro, sempre alla ricerca del "limite" tra legale e illegale [e consentono che un sanguinario sedicente professore statunitense definisca impunemente 'golpista' Salvador Allende]. Il finale di questo avanspettacolo non poteva, dunque, che essere del ministro dell'interno Pisanu: ''La guerra la stanno facendo i professionisti della cosiddetta 'disobbedienza', e i loro cattivi maestri. Predicano e praticano apertamente forme di illegalità che abbiamo il dovere di prevenire e, quando è necessario, di reprimere con la forza dello Stato. Questo stiamo facendo e questo continueremo a fare, salvaguardando naturalmente tutti i diritti democratici''.

Se le cose stanno così, a nulla servono le parole del procuratore di Pisa, Enzo Iannelli che ha parlato di ''grande correttezza e grande civiltà delle persone che manifestano". Aggiungendo che, "per quello che mi risulta e dai contatti serrati che ho con il questore, questa protesta ad oggi non ha dato luogo ad alcuna ipotesi di reato''. L'unica è continuare a sedersi sulle rotaie e magari anche sulle autostrade e forse munirsi di barchette e di mongolfiere e di bandiere e di aquiloni, per presidiare e prevenire. E questa la chiamano "illegalità".

Gandhi e la locomotiva

Wu Ming 4

Quando chiesero a Ghandi, se si fosse trovato al posto di  inglesi e francesi, come avrebbe fermato le truppe di Hitler che invadevano l'Europa, rispose che gli europei avrebbero dovuto stendersi sui binari e non far passare alcun treno carico di armi e soldati. Quello che Gandhi ignorava è che probabilmente Hitler quei treni li avrebbe fatti procedere lo stesso... Ma noi oggi siamo più fortunati e almeno per il momento non possiamo essere spiaccicati. Mi sembra un vantaggio non indifferente di cui approfittare. Molti anni fa Guccini cantava una canzone su una locomotiva "lanciata a bomba contro l'ingiustizia". La canta ancora, a dire la verità, per i più nostalgici, ai suoi concerti: parla della rivolta individuale di un ferroviere anarchico che nei primi anni del secolo sequestra un treno eccetera eccetera.

Questo è più di un accostamento d'idee. Da un lato è la constatazione di qualcosa che da 24 ore sta già accadendo; dall'altro è la premessa per dire che il movimento contro la guerra deve giungere a proclamare l'obiezione di coscienza generalizzata. I ferrovieri si rifiutano di portare i treni militari a destinzione (o comunicano quando e da dove partiranno); noi ci mettiamo sui binari per impedirne il transito. L'intero movimento contro la guerra dovrebbe convergere su questa opposizione pratica e pacifica allo stato di belligeranza in cui ci troviamo ormai di fatto. Si tratta di offrire alle decine di milioni di manifestanti del 15 febbraio l'opzione di un gesto concreto e non violento, in piena sintonia con la miglior tradizione del pacifismo militante.

In fondo, la domanda che milioni di persone si stanno ponendo nel mondo da mesi a questa parte è proprio: "Come si ferma la guerra di fronte alla criminale e ottusa determinazione di Bush & company?". Beh, le guerre si fermano mettendo in minoranza e isolando i governi che le fanno, ma soprattutto paralizzando i paesi che vi partecipano. Paralizzandoli di fatto. Con blocchi, scioperi, diserzioni al regime di guerra che vorrebbero imporci nella maniera più soft e subdola possibile. Disobbedire, obiettare, disertare. Giungere a uno sciopero europeo contro la guerra. Uno sciopero politico continentale. Che si assuma la responsabilità di gettare badilate di sabbia negli ingranaggi economici e di dare un segnale potente almeno quanto il 15 febbraio.

"Cacerolazo" europeo. Bloccare le rotte delle armi. Fermare le locomotive. Far percepire ai militari americani in transito tutta la disapprovazione e il rigetto della società civile europea nei confronti di quello che stanno andando a fare. Essere semplicemente ovunque. Anche perché sappiamo bene che non si tratta "soltanto" di fermare i bombardamenti sull'Iraq. Bush ha annunciato che Saddam è solo il primo di una lunga lista di dittatori che verranno spodestati con le bombe. Per risollevare l'economia americana dalla più grande crisi della storia non basterà mai la guerra-lampo irakena, come non è bastata quella contro i pastori afghani. La guerra sarà permanente. Quindi nemmeno la battaglia dei pacifisti potrà essere una lotta breve. Dobbiamo prepararci.

Dobbiamo essere cauti, quanto determinati. Senza mai dimenticare che siamo tantissimi, in tutto il mondo, una "superpotenza mondiale", e forse anche il più grande mezzo di comunicazione di massa dopo Internet. Usiamo il peso di questa pacifica armata di 110 milioni di persone. E non dimentichiamoci che alla fine in India l'Impero Britannico ha perso...

www.wumingfoundation.com

 

«Fermiamo i trasporti della morte»


Lo schieramento pacifista lancia la campagna «fermiamo i trasporti della morte». Le organizzazioni e i movimenti che hanno promosso il Forum sociale europeo, lunedì si sono incontrati a Roma per decidere una serie di appuntamenti unitari che con forza continuino ad esprimere il no «senza se e senza ma» alla guerra all’Iraq.

«Blocchiamo, rallentiamo, intralciamo i convogli della guerra che illegalmente viaggiano nel nostro paese. Lo faremo come in questi giorni, senza mettere a repentaglio la sicurezza nostra e degli altri, senza creare disagi alla cittadinanza, senza cedere a nessuna provocazione, cercando di favorire la massima partecipazione e il massimo consenso». L’appello nasce dopo che negli ultimi giorni spontaneamente gruppi di pacifisti hanno bloccato alcuni treni carichi di armi diretti a Camp Darby in viaggio dal Veneto alla Toscana, dove si trova la base americana. Fino ad oggi si è trattato di dimostrazioni spontanee. Radio Sherwood, la radio dei centri sociali del Nord est, da venerdì scorso chiama a raccolta il movimento.

È stata la Filt Cgil nazionale, il sindacato dei ferrovieri, a denunciare venerdì che si stavano usando treni e personale civile per operazioni di guerra. Sarebbero 26 secondo il sindacato i treni carichi di armi che si stanno aggirando per l’Italia. I lavoratori del settore trasporti si oppongono: non vogliono partecipare in nessun modo ai preparativi di questo sempre più imminente attacco. Lunedì i lavoratori del settore trasporto pugliesi hanno espresso preoccupazione per quanto sta accadendo. In Puglia ci sono forze Nato a Brindisi, Gioia del Colle e Amendola mentre a Taranto c'è il più importante scalo marittimo militare del Mezzogiorno. «Laddove dovessero essere utilizzate infrastrutture di trasporto in Puglia, dalle ferrovie ai porti - avverte il segretario generale della Filt-Cgil pugliese Pasquale Gammarota - inviteremo tutti i nostri iscritti ad aderire alla protesta che prevede di non prestarsi a movimentazione di materiale bellico. Noi - ha aggiunto Gammarota - ci auguriamo che ciò non avvenga ma, laddove avvenisse, inviteremo tutti i lavoratori dei trasporti a non essere complici di questa guerra».

E da Roma il Forum non resta in silenzio e fissa per mercoledì 26 una giornata nazionale di mobilitazione: alle stazioni, lungo la linea ferroviaria, ai passaggi a livello, sui binari e lungo i binari per bloccare i treni di guerra.
«Facciamo appello affinché si esprima ovunque la solidarietà e il sostegno ai lavoratori dei trasporti che hanno già dichiarato e dimostrato la loro indisponibilità ad essere utilizzati per il trasporto sulle ferrovie e nei porti» si legge nel documento del Forum. Il Comitato Fermiamo la guerra che ha organizzato l’oceanica manifestazione del 15 febbraio già martedì riunirà un gruppo di lavoro sulle iniziative di lotta sindacale per esprimere l’avversione del mondo dei lavoratori a questa guerra.

Intanto il 1 marzo il coordinamento europeo e mondiale contro la guerra si è dato appuntamento a Londra per lanciare le prossime scadenze internazionali: a Ginevra per il Forum sociale europeo e a Evia per le manifestazioni contro il G8.

Ma la data più prossima per la quale si lavora è quella dell’8 marzo, giornata di mobilitazione davanti la base di Camp Darby. Il Comitato Fermiamo la guerra invita il popolo del 15 febbraio ad esprime ancora una volta la loro opinione su questo intervento militare.

E il governo vara addirittura un piano - a «tolleranza zero» - contro chi blocca i treni


Pugno di ferro contro chi blocca i treni della morte. Tolleranza zero contro i «disobbedienti». Questa è la linea del governo per affrontare la nuova fase delle proteste contro la guerra. «C'è un piano ed è in atto» da parte del Governo per bloccare le manifestazioni dei pacifisti contro i treni della guerra. Ad annunciare la linea dura è il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, che da Lecce preannuncia l’esistenza di un piano, che «c’è ed è in atto». Di cosa si tratti il sottosegretario non lo rivela, ovviamente: «Non credo che sia il caso di pubblicizzarlo».

Da giorni, da quando è iniziato il blocco dei treni, da diverse parti della maggioranza si chiedeva di adottare il pugno di ferro. E anche il Presidente della Camera ha chiesto che non vi siano «indulgenze». «La causa della pace non si coniuga con l'illegalità, in nessuna forma essa venga perpetrata. Personalmente, non posso che dare un giudizio molto negativo», ha detto Pierferdinando Casini. «Chi come me ha difeso non solo la legittimità, ma ha sottolineato anche il valore politico delle manifestazioni per la pace dei giorni scorsi non può in alcun modo avere debolezze o indulgenze nei confronti di atti di illegalità che, come tali, vanno condannati». Quindi l’avvertimento alle forze politiche: «Non credo che la classe politica possa avere indulgenza o dare giustificazione ad atti di illegalità che sono da evitare in tutti i modi». Linea dura, quindi. Mantovano non rivela i piani, ma dal Viminale qualche notizia trapela. Saranno mobilitati i Reparti mobili (non solo della Polizia, ma anche di Carabinieri e Gdf) a presidio delle stazioni e dei punti di passaggio dei convogli. Nei momenti di passaggio dei «treni della morte», le stazioni saranno praticamente off-limits. Secondo in discrezioni, inoltre, saranno «secretati» percorsi ed orari di partenza dei treni, per evitare che i pacifisti siano preventivamente informati.
Ma il blocco dei treni è anche l’occasione per nuovi scontri tra maggioranza e opposizione. «Ad essere illegale è questo Governo, che ha fatto carta straccia dell'articolo 11 della Costituzione e ha concesso infrastrutture civili per usi militari. Non è invece illegale bloccare i treni della morte, le navi o gli aerei che partiranno dal nostro paese per seminare distruzione tra la popolazione civile irakena, esporre le bandiere della pace», dice Mauro Bulgarelli, deputato dei Verdi rispondendo alle dichiarazioni del Governo contro i pacifisti. Chi blocca i treni è un «traditore» amico di Saddam. Fabrizio Cicchitto, vicepresidente dei deputati di Fi, ha pochi dubbi: «Coloro i quali stanno sistematicamente boicottando i convogli militari e che si stanno preparando a fare di peggio nelle stazioni e sulle strade, svolgono consapevolmente o inconsapevolmente una funzione di sostegno nei confronti di Saddam Hussein». Ma per Alfiero Grandi, dei Ds, «sul trasporto del materiale bellico si sta giocando una partita propagandistica da parte di esponenti della CdL», è stato infatti il governo ad aver autorizzato il trasporto «al di fuori delle regole stabilite e delle leggi», provocando «le reazioni di quanti sono contro la guerra». «Fin tanto che queste iniziative sono non violente, sono pienamente legittime», afferma Grandi, che accusa il centro destra di cercare lo scontro per legittimare «interventi repressivi», e invita quanti sono contro la guerra a «evitare in ogni modo di fornire pretesti a chi non aspetta altro». Sergio Cofferati replica a Sandro Bondi, portavoce di Forza Italia. «Il livore e l'imbarazzo per gli effetti negativi delle scelte della maggioranza delle quali fa parte - dice Cofferati - inducono l'onorevole Bondi a reiterare insulti ed affermazioni irresponsabili». «Da parte mia - aggiunge il presidente della Fondazione Di Vittorio - continuerò a non rispondere alle sue provocazioni e a difendere tutte le iniziative non violente, permesse dalle regole della democrazia e rispettose delle esigenze dei cittadini-utenti, sia che riguardino la pace o i diritti delle persone».