Il silenzio dei vivi  di Stefano Palmisano

Forse il popolo israeliano, come il popolo tedesco del dopoguerra, farebbe bene ad iniziare a cercarsi il suo Ernst Nolte, i suoi storici revisionisti e giustificazionisti, i suoi difensori davanti al Tribunale della Storia; coloro, insomma, che, quando verranno aperti i cancelli di Ramallah, di Betlemme, di Gaza e ne deborderà un orrore molto simile a quello annichilente che straripò da Auschwitz, da Bergen Belsen, da Mauthausen, dovranno rassicurare, confortare, difendere ed assolvere quelli che, a pochi chilometri di distanza dai nuovi campi di concentramento e di sterminio di un popolo, "vivevano tranquilli nelle loro tiepide case", e che quando perdevano la loro tranquillità, tra una commemorazione e l'altra della shoa, lo facevano solo per maledire "i terroristi", i ragazzini e le ragazzine che si facevano saltare in aria pur di restituire "un pò del suo disordine, del suo terrore" allo stato che nel disordine e nel terrore li aveva costretti a nascere ed a crescere.
Forse il popolo che vota un massacratore di bambini e di vecchi di un campo profughi, che ha promesso di risolvere i problemi di sicurezza dello stato d'israele cancellando Oslo e la questione palestinese, non vota quel massacratore "nonostante" il suo passato, lo vota "per" il suo passato.
Forse, se da noi il 25 aprile di qualche decennio fa non fosse successo
niente, e il popolo dello stato di Germania invasore, a grande maggioranza, avesse eletto il maggiore Kappler come cancelliere mentre proseguiva ancora l'invasione, noi non avremmo avuto una grande ammirazione ed un grande affetto per il popolo tedesco.

Forse se, dopo eletto, Kappler avesse fatto tante altre Fosse Ardeatine, magari solo un pò più piccole, nel silenzio quasi totale e certamente tombale del popolo tedesco, noi avremmo pensato il popolo tedesco consenziente con Kappler sulle tante Fosse Ardeatine; e, quindi, suo complice, se non proprio suo mandante.

Forse anche il popolo tedesco, i suoi giornali, i suoi "intellettuali", i
suoi governanti dissero che tutta la responsabilità, tutta la colpa delle
Fosse Ardeatine era di Carla Capponi e dei suoi compagni dei GAP romani che fecero saltare in aria una pattuglia di truppe d'occupazione. E Carla Capponi ed i suoi compagni erano meno disperati di una ragazzina di 16 anni di Gaza, perchè loro per fare un'azione di guerra contro l'invasore della loro terra non avevano necessità di far saltare in aria loro stessi.

Forse se un popolo gode, nel senso più materiale, dell'usurpazione, della rapina della terra, fatta dai propri governanti e dalle proprie armate, sulla carne di un altro popolo e poi se ne va in giro col mitra a tracolla per difendere il frutto di quella rapina, forse il primo popolo non è proprio vittima come il secondo.

Forse se un popolo sfrutta ad arte il "senso di colpa", da omesso
impedimento di genocidio, che tutto il mondo "civile" nutre verso di lui per perpetrare un altro genocidio contro un popolo che col primo genocidio non c'entra niente, forse quel primo popolo non merita molto rispetto.

Forse verso il popolo palestinese nessuno proverà mai alcun senso di colpa, perchè esso non possiede banche, non ha una tradizione plurisecolare di commercio, non ha lobbies sparse in tutto il mondo. E forse sarà meglio così, perchè così al popolo palestinese nessuno regalerà mai la terra di un altro popolo ed il popolo palestinese non diventerà, da oppresso, oppressore ed usurpatore di quell'altro popolo.

Forse quando immaginiamo, parliamo del "conflitto israelo - palestinese", più che far riferimento ad immagini di tecniche militari, più che parlare di "parti in guerra", di "contendenti", ed altre categorie nobilmente equidistanti di tal fatta, dovremmo semplicemente ricordare un apologo del testo sacro del popolo ebraico: quello di Davide e Golia. Con l'aggravante per il popolo palestinese che esso le fionde ha già provato ad usarle contro
l'esercito israeliano, ma questo è terribilmente più corazzato e feroce del gigante Golia; e per questo il Davide palestinese è stato costretto ad imbracciare il mitra. Ma la lotta resta lo stesso schifosamente,
vigliaccamente, sanguinariamente impari. 

Forse dovremmo tragicamente rivedere un'antica certezza nobilmente
costitutiva della sinistra e del movimento operaio; quella per la quale i
colpevoli sono sempre i governi e mai i popoli.

Forse dovremmo sottrarci all'immondo ricatto per cui chiunque osi criticare lo stato di israele, il suo governo ma anche il suo popolo, diventa automaticamente un persecutore della "razza ebraica", dunque, un cripto-nazista.

Forse dovremmo smettere di dire forse; di blaterare che "la ragione non sta mai da una parte sola"; di rimanere afasici e subalterni di fronte a quelli che esprimono il loro "sdegno" e la loro "commozione" solo e sempre quando salta in aria un ragazzo bianco, ricco e che va in discoteca, cittadino di uno stato occidentale ed invasore, e mai quando vengono crivellati di colpi di carro armato e di mitragliatore decine di bambini scuri di carnagione, poveri (perchè derubati) e che vivono in un campo profughi, cittadini di un popolo di una terra invasa e di uno stato negato; di assentire davanti a quelli che esprimono "preoccupazione" per l'assedio ad Arafat, manco fosse una malattia; di dialogare con quelli che, da sindaci di Roma, vanno con lo
zucchetto ai funerali dei volontari internazionali dell'esercito di
occupazione; di cercare intese con quelli che sono "buoni" sempre e solo con i forti, con i carnefici, con gli ex avversari e mai con gli oppressi, con le vittime.

Certo dobbiamo fare qualcosa, quel poco che è nelle nostre possibilità;
facciamo manifestazioni; chiediamo agli enti locali di inviare proteste alle rappresentanze diplomatiche israeliane; chiediamo al parlamento italiano di inviare una delegazione in Palestina; boicottiamo i prodotti, le aziende, tutto quello che viene dallo stato massacratore di israele; organizziamo viaggi di scudi umani lì; adottiamo il Popolo Palestinese, non solo i bambini, anche gli adulti, i prigionieri, quelli che vengono torturati nelle caserme, che vengono uccisi con un colpo alla testa, che spariscono nel nulla.

Forse è poco, forse non salverà il martoriato Popolo Palestinese, forse non ci salverà neppure la coscienza; ma almeno servirà a provare a limitare i danni per qualche sventurato di quel popolo; e per la nostra coscienza.

Certo sarà meglio di niente, sarà meglio del silenzio; e quando un popolo muore sterminato non c'è niente di peggio del silenzio, del "silenzio dei vivi".

Stefano Palmisano