Il diritto alle parole

di Michele Serra

Ma è davvero così fragile l' "identità occidentale"? Due o tre secoli di rivoluzioni democratiche, di Costituzioni, di libere elezioni, di lotte per i diritti civili e sociali, di libertà religiosa e di stampa, di liberazione femminile, di liberalismo e di socialismo bastano e avanzano per una scelta di campo così naturale e sedimentata da non aver alcun bisogno di essere "riscoperta", dopo l'obbrobrioso genocidio di Manhattan.
Piuttosto, è proprio l'interpretazione restrittiva e quasi blindata dell' "occidentalità" a metterla subdolamente e stupidamente in discussione, minandone in partenza i presupposti di liberalità, tolleranza, ragione. Cioè minandone la forza stessa, quella "superiorità civile" che non ha senso rivendicare se ci si abbassa alla scomunica etnica e all'anatema culturale.
Sono forse meno "occidentali" i milioni di europei e americani sicuri che Occidente sia sinonimo di democrazia, ma non di genere umano? Sono meno "occidentali" i laici, gli atei, i non cristiani europei e americani non molto disposti a far coincidere Libertà e Cristianità? Si è meno "occidentali" quando si pensa che la terza guerra mondiale, per noi repentino e orribile squarcio di un giorno di settembre, altrove è già in corso da molti decenni, e civili magari meno civilizzati di noi, ma non meno umani, restano sotto le macerie di certi pianterreni fangosi e per giunta nemmeno inquadrabili dalla Cnn? Sarà più "occidentale" Gino Strada che ricuce i bambini afgani o il reverendo Baget Bozzo quando chiama alla jihad cristiana? E il Papa, poi, quanto "occidentale" sarà il Papa, con il suo fardello universalista sulle spalle, tutti quei preti africani e asiatici da coordinare (più Baget Bozzo, perfino), e tutte le durissime cose che ha detto sulla legge del profitto?
Bisognerebbe andarci più piano, con le patenti di occidentalità. E misurare le parole, magari, visto che sono anche le nostre parole la delicata trama che il terrorismo (di sempre, da sempre) intende incenerire. Atterrare quei due grattacieli, in tutto il loro babelico azzardo, significa anche voler riportare il linguaggio umano al suo primitivo e pauroso punto zero: obbligarci a riconoscere e usare due sole parole e solamente quelle (Dio e Satana, Bene e Male, Noi e Loro), questo è lo scopo ultimo dei fanatici. E le folle di miserabili, abbruttiti dalle loro tragedie, che esultano sordidamente alla notizia della nostra catastrofe, della nostra morte, già vivono (e muoiono) dentro quella barbarica semplificazione: non basterebbe questo a farci desiderare, per noi stessi, prima di tutto un grumo di ragione e di pietà?
La dimestichezza con quei grattacieli, con quella folla multirazziale in fuga, con quegli scorci di Manhattan, è per noi abitanti dell'Occidente così totale, così spontanea da non aver nessun bisogno di essere spiegata, e tantomeno giustificata. Ma ci sarà utile solo se servirà a rimettere in pila, come i piani di un grattacielo, tutte le parole della nostra ragione, oggi così scompaginate dal lutto, dalla paura e dall'imprescindibile necessità di fare giustizia.
Se ben pochi ripeteranno, almeno spero, il vecchio e vizioso errore di dirsi né con la Legge né con il Terrore, come possiamo però ignorare che il tenebroso "altrove" dal quale il terrore germina non è Marte, né gli Inferi, ma è il sanguinoso groviglio di guerre, persecuzioni, povertà, fame, odio, fanatismo religioso che la famosa globalizzazione rende ineluttabilmente anche "nostro"?
Già si levano, dal nostro campo bombardato, le maledizioni contro il Demonio, contro il Male, contro l'Islam tutto intero, così sinistramente simili ai veleni razzisti di certi sceicchi e imam, così intrinsecamente tribali. Un'eventuale guerra sostenuta da questo genere di ragioni, da questo genere di sentimenti, sarebbe la stessa identica guerra che Bin Laden invoca e prepara da una vita.
E anche ammesso che, in certe strette della storia, sia legittimo e utile farsi tribù, è la nostra tribù sufficientemente grande da garantirsi, per sola forza quantitativa (e parlo di quantità economiche, militari, politiche: perché, quanto a numeri, siamo solo un miliardo, appena un sesto dell'umanità), la rappresentanza di quell'universalità dei diritti che è invece una faticosa qualità da guadagnare sul campo? L'America (non l'Occidente, ahimé, visto che Hitler non aveva il turbante) si straguadagnò qualla titolarità, insieme agli europei antinazisti, nella seconda guerra mondiale, e non gliene sarà mai reso abbastanza merito. Ma se l'è guadagnata, e l'Europa con lei, anche in Medio Oriente? E in America Latina? E con gli embargo contro cubani e iracheni, puniti nell'impossibilità di colpire i rispettivi dittatori?
Potremo pensare e dire queste cose, d'ora in poi, nel pieno dei nostri sentimenti di democratici e di occidentali, e nella totale solidarietà con un popolo così vigliaccamente colpito? Potremo dirle cioè senza essere sospettati di disfattismo e panciafichismo e antiamericanismo, e anzi rivendicando il pieno interesse dell'Occidente a battersi ovunque (come non sempre è avvenuto) secondo la sua più alta e matura concezione dei diritti umani e della libertà? Potremo sentirci fratelli degli americani, partecipare alla loro riscossa contro il terrore, e insieme continuare a dubitare della maniera troppo autoriferita con la quale governano o non governano i conflitti mondiali? Potremo, infine, perfino tra le macerie di Manhattan, continuare a proteggere le nostre parole dalla rovinosa collisione tra Dio e Satana, posto che entrambe le entità, tra l'altro, continuano a scambiarsi di posto? E se non crediamo né in Dio né in Satana, in quale nume minore ci permetteranno di confidare?
Banalmente, forse infantilmente, in questi giorni di stomaco serrato sono di quelli che vorrebbero essere pompiere a Manhattan e pediatra a Baghdad, ma non so più se i tempi permetteranno fantasie del genere, non so se in questa lunga futura guerra sarà concesso a ogni persona di essere coraggiosa senza diventare fanatica, di essere "noi" senza maledire cinque miliardi di altri.

(da "La Repubblica" del 15/09/01)