A chi giovano le notizie-bomba. La nuova strategia della tensione

Le bombe incendiarie di Monza e Milano hanno fatto felici i governanti di centro-destra e assicurato lo stipendio a inquirenti, forze dell'ordine, forze speciali, agenti segreti e, come da copione, diffuso allarme e con esso sorveglianza generalizzata. Ma a differenza della vecchia strategia della tensione, ora nel mirino degli inquirenti non c'è chi pratica la lotta armata ma chi si oppone a suon di parole e immagini al neo-regime berlusconiano. La gravità di questi attentati simbolici sta nell'aver aperto alla repressione poliziesca qualsiasi forma creativa di opposizione fondata sul linguaggio. Come al solito i cosiddetti terroristi, manovrati dai servizi segreti o genuini che siano, fanno gli interessi delle élite dominanti

Lunedì 29 luglio, vengono ritrovate due bombe incendiarie. Una a Monza, davanti alla sede della Cisl, l'altra alla periferia di Milano davanti ad una succursale Fiat. I Tg vanno in sollucchero. Finalmente cattive notizie: quelle che come ha scoperto il vecchio McLuhan si vendono di più e meglio. Martedì 30 luglio, tocca alla carta stampata. Chi ha messo le bombe? Dei terroristi, naturalmente. Però ci sono tre particolari che deviano dalla consueta logica del terrore: i bidoni incendiari non potevano esplodere perché i fili erano mal collegati, se anche fossero esplosi potevano fare al massimo una fiammata, erano collocati in maniera estremamente visibile a chiunque. Come si spiega?

Per i media in maniera semplice e corale: si tratta di un'azione dimostrativa, bombe simboliche, un segnale d'avvertimento ecc. Mercoledì 31 luglio, sui quotidiani rimbalzano grossi titoli: con un volantone di 12 pagine il Fronte rivoluzionario per il comunismo (Frc) rivendica gli attentati. Giovedì 1 agosto, la notizia è praticamente scomparsa dai quotidiani. Inquirenti e bombaroli tornano a lavorare dietro le quinte, il resto della società, ossia il 99,9% degli italiani, a fare da spettatori in attesa della prossima cattiva notizia. Di nero su bianco c'è il comunicato del Fronte. Pieni di curiosità abbiamo fatto di tutto per procurarcelo. Senza successo. Giornalisti, analisti e commentatori ne parlano ma leggerlo per intero sembra complicato quanto un affare di Stato. Ma cosa diranno di così poco divulgabile? Comunque sia ci siamo accontentati degli stralci qua e là riportati. Dai quali sembra emergere una nuova teorizzazione griffata Frc: la lotta armata non si fa solo con il tritolo ma soprattutto con la propaganda. Insomma l'evoluzione consiste nel passaggio dalle bombe vere alle bombe finte ovvero alle notizie-bomba. Una cesura profonda dalle vecchie Brigate Rosse con una bella capriola all'indietro: dalla critica delle armi si torna alle armi della critica (sostenuta da qualche bidone incendiario che sicuramente non prenderà fuoco ma conquisterà le prime pagine dei quotidiani). E così la guerra mediatica si arricchisce di un nuovo personaggio.

Con discreto ritardo i lottarmati hanno scoperto l'importanza della comunicazione. Forse hanno letto il libro di Liang e Xiangsui, Guerra senza limiti, in cui i due ufficiali cinesi discutono ampiamente i concetti di operazioni militari diverse dalla guerra e di operazioni di guerra non militari. Guerra senza limiti significa infatti che qualsiasi aspetto della vita quotidiana (da una trasmissione televisiva ad uno scandalo, da un fallimento in borsa ad una atto di pirateria informatica) è utilizzato come un nuovo tipo di forza che concorre a determinare la vittoria oggi non più conseguibile sul piano esclusivamente militare: insomma, consapevoli o no, siamo tutti soldati. Ma se hanno letto questo libro quelli del Fronte dimostrano tuttavia di avere notevoli lacune in fatto di comunicazione. Nella guerra mediatica la novità è decisiva. Che sarà delle loro finte bombe al terzo atto dimostrativo?

Abbondantemente diseducato dai media il pubblico ha imparato ad essere solo ed esclusivamente esigente, la stampa non ne parliamo: entrambi vogliono lo scoop. E così per capire qualcosa della strategia comunicativa del Fronte siamo costretti a rivolgere l'attenzione alla reazioni suscitate dalle finte bombe di Monza e Milano. Innanzitutto le notizie detonanti hanno fatto tremendamente felici i governanti di centro-destra e assicurato lo stipendio a inquirenti, forze dell'ordine, forze speciali, agenti segreti e tutta la pletora di divise al servizio della nostra sicurezza di cittadini sempre meno sicuri. Ricordate quando non molto tempo fa un piccolo aereo da turismo si schiantò sul Pirellone? Il Presidente del Senato gridò immediatamente all'attacco terroristico. Gli ex missini oggi al governo del Paese si strofinavano le mani: avanti tutta con la ricetta legge e ordine. L'attacco al Pirellone non si rivelò un attacco ma "per fortuna" qualche tempo dopo è arrivato il terrorismo vero. Proprio perché simbolica la notizia-detonante inventata dal Fronte avrà effetti devastanti. I segnali ci sono tutti.

Due illustri esempi per non farla troppo lunga. 1) Il Viminale del 30 luglio: <Sono episodi di emulazione che potrebbero annunciare prossime azioni>. Come dire: su la guardia, più controlli, più divise, meno libertà. 2) Il Viminale del 31 luglio: dare troppa importanza alle azioni del Fronte potrebbe suscitare <ulteriori fenomeni di emulazione per il ritorno mediatico>. Risultato: l'allarme si diffonde e con esso la sorveglianza generalizzata. Ma la differenza rispetto al passato terroristico e alla vecchia strategia della tensione è notevole. Stavolta nel mirino degli inquirenti non ci sono quelli che praticano la lotta armata ma tutti coloro che pensano, scrivono, si oppongono a suon di parole e immagini al neo-regime berlusconiano pendant provinciale dell'Impero. La guerriglia semiologia non si potrà più fare o la si potrà fare a proprio rischio e pericolo. Già definire <scellerato> il patto per l'Italia significa oggi sottoporsi ad accuse striscianti di connivenza con il terrorismo. Se l'ultramoderato e filopadronale Corsera si becca una querela perché esprime sommessi dubbi sulle leggi-truffa di Berlusconi & soci c'è da aspettarsi tempi duri per chi oserà criticare apertis verbis le gesta del Cavaliere. E ammesso e non concesso che esista ancora la controinformazione persino questa vecchia pratica è a rischio.

La gravità degli attentati simbolici attuati dal Fronte consiste nel fatto che ha aperto alla repressione poliziesca qualsiasi forma creativa di opposizione fondata sul linguaggio. Presentarsi come ironici guerriglieri dell'informazione come fece Blissett a suo tempo significa essere maggiormente tenuti sottocchio ma anche censurati. Tanto per fare degli esempi: allestire finte campagne mediatiche per denunciare le quotidiane menzogne di giornali e telegiornali rischia di diventare de facto un reato, così come usare l'arma dell'ironia, nomi multipli, il gioco degli inganni informativi, le tecniche di sabotaggio mediatico quali diffondere notizie false fondate tuttavia sulla realtà.

Ma che bel risultato hanno ottenuto questi del Fronte rivoluzionario. Guarda caso lo stesso raggiunto dai terroristi degli anni '80: meno democrazia, più repressione e il padronato che acquisisca sempre maggiore potere. Come al solito i cosiddetti terroristi, manovrati dai servizi segreti o genuini che siano, fanno gli interessi delle élite dominanti e bloccano l'emancipazione di chi nella società produce, crea, lotta per un mondo migliore.

Patrizio Paolinelli

articolo apparso sul quotidiano il domani di bologna del 6 agosto 2002